COME SUPERARE I FALLIMENTI

Spesso sento dire alle persone che vengono in seduta, “ho fallito, non sono riuscito, non valgo niente” ed altri modi per denigrarsi e buttarsi giù. In realtà il fallimento è qualcosa che, se si guarda bene, non esiste, perché, in definitiva,  è solo che quello che è successo è diverso da ciò che ci aspettavamo, speravamo, ci auspicavamo. Purtroppo non è detto che vada bene ogni volta che desideriamo qualcosa, iniziamo un percorso, proviamo a cambiare direzione, a volte tutto va storto e ci sentiamo “falliti”..

Accade, infatti, che mettiamo tutte le nostre forze per organizzarci, portare avanti un progetto, anche di vita, come un matrimonio, una famiglia, un lavoro. Poi, succede qualcosa, in noi e/o fuori di noi e si ha un fallimento: il progetto sfuma, gli studi non vanno bene, una relazione si interrompe, un matrimonio finisce. Ecco che arriva il fallimento, il senso di inadeguatezza, di incapacità e si scivola in un baratro di tristezza e delusione.

Ecco che, forse, occorre fare qualcosa di diverso:

  1. Quando si inizia ad organizzare un progetto, un’idea, qualcosa che vogliamo fare, occorre valutare innanzitutto le proprie risorse e potenzialità, ma anche i rischi e le possibilità che qualcosa vada storto. Questo ci aiuterà a rimanere lucidi, sognando ma con i piedi per terra e valutando pro e contro di ogni situazione.
  2. Se il progetto ha una base relazionale, ad esempio si crea una coppia o ci si avvia verso una vita matrimoniale, occorre tenere in considerazione che siamo in due, che ci sono tanti fattori esterni, quindi un numero notevole di variabili. Una storia d’amore può iniziare benissimo, con progettualità e serietà ma ricordiamoci sempre del “qui e ora”: oggi stiamo così ma domani? Il tempo che passa, i figli, i problemi della vita, di salute, del lavoro, soldi, famiglie d’origine, tutto può concorrere al fallimento di un matrimonio o di una relazione. Occorre, quindi, vivere il presente, progettando, ma ritornando sempre nel “qui e ora”, e, soprattutto, ascoltare i propri bisogni e quelli dell’altro, impegnandosi ed avendo un obiettivo comune.
  3. Mettiamo pure che il fallimento ci sia stato: un progetto è saltato, il matrimonio è finito, il lavoro non è andato come volevamo. Che facciamo, ci sediamo a piangerci addosso? Bé, per un po’ di tempo possiamo anche farlo; stiamo lì, ci diciamo che siamo sfortunati, che non ne va mai bene una, che a tutti va meglio e così via. Possiamo continuare a vittimizzarci all’infinito, non arriveremo da nessuna parte e staremo sempre peggio. Cosa possiamo fare, allora? Un bel respiro, e poi un altro e un altro ancora, riprendendo contatto con noi stessi e guardando bene, con benevolenza, ciò che abbiamo fatto, cosa avremmo potuto fare di diverso e cosa possiamo fare adesso. Questo significa valutare opzioni diverse, fare un po’ la conta delle risorse rimaste e delle potenzialità che possiamo mettere in atto e, finalmente, alzare la testa, guardare dritto avanti, tirare indietro le spalle e ripartire.

Questo è quello che possiamo fare per affrontare e superare i nostri fallimenti; guardarli, vedere dove abbiamo sbagliato, imparare dai nostri errori, valutare opzioni diverse e ripartire, con uno sguardo, una postura diversi, pronti a lottare per ottenere ciò che desideriamo. Buona resilienza!!!!!

Dalla Treccani: resiliènza s. f. [der. di resiliente]. – 1. Nella tecnologia dei materiali, la resistenza a rottura per sollecitazione dinamica, determinata con apposita prova d’urto: prova di r.; valore di r., il cui inverso è l’indice di fragilità. 2. Nella tecnologia dei filati e dei tessuti, l’attitudine di questi a riprendere, dopo una deformazione, l’aspetto originale. 3. In psicologia, la capacità di reagire di fronte a traumi, difficoltà, ecc.

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