Concetti alla base della psicoterapia della Gestalt

Strategia terapeutica della gestalt

La strategia terapeutica della Gestalt poggia su tre concetti:

  • Un modello dialogico: relazione Io-Tu di Buber: il terapeuta ed il paziente stabiliscono un contatto dialogico ed è in essa che c’è il riconoscimento reciproco. In questo tipo di relazione il sintomo parla del paziente come di un individuo che non riesce ad esprimere tutte le sue potenzialità.
  • Un modello ermeneutico: la Gestalt non pretende di fornire un’unica interpretazione ad un evento perché è proprio dal rapporto dialogico che emergono i bisogni, quindi il lavoro sulla consapevolezza e sul contatto.
  • La focalizzazione sul processo: in Gestalt è importante il “come”, quindi l’attenzione è focalizzata sul processo di mobilizzazione di ciò che è stato fissato nel tempo, riattualizzando i sentimenti ed il conflitto di allora nel qui ed ora e vivendo nuove esperienze che aprano al cambiamento e a nuove modalità comportamentali.

Psicoterapia Gestalt strategiaLa psicoterapia è un aiuto ad integrare l’esperienza, gli aspetti negativi o proiettati della propria personalità, e lo psicoterapeuta è colui che aiuta a sopportare, gestire i propri sentimenti come la paura, il dolore, la rabbia; è colui che aiuta a ritrovare un soffio di vita. Il paziente e il terapeuta stabiliscono un contatto attraverso il riconoscimento di un Io e di un Tu, in un dialogo dove il terapeuta considera il paziente un fine e non una cosa, un oggetto, un mezzo. Il dialogo Io-Tu, è un dialogo tra due soggetti con pari dignità, che “abitano” uno spazio dove avviene “qualcosa”. Nella Psicoterapia della Gestalt, secondo l’approccio fenomenologico-esistenziale, si dà valore alla soggettività, all’esperienza immediata, al fenomeno, quindi a ciò che accade, che appare, che si percepisce; secondo “l’epochè”, la sospensione del giudizio, si dà valore e rispetto a ciò che l’altro sente, a come si muove, cosa fa, cosa vuole, cosa evita. Questo avviene all’interno di uno “spazio abitabile” dove ci sia quella distanza che permetta il riconoscimento sia della persona, delle sue emozioni, del suo vissuto, sia delle emozioni del terapeuta. La distanza interpersonale è il luogo dove avviene il distacco ed il riavvicinamento, dove posso incontrare l’altro, in una dimensione empatica nella quale posso essere in contatto con il sentire dell’altro e allo stesso tempo col mio sentire senza confondere le due esperienze interne. Stare dentro la distanza, abitarla, creare uno spazio dove possa succedere qualcosa è una responsabilità del terapeuta, infatti, nella psicoterapia, è lui a prendersi la responsabilità di mettere una distanza, che non sia separazione ma distanza abitabile, vuoto fertile, spazio creativo dove possa succedere qualcosa.

Il terapeuta, con l’empatia, si mette nei panni del paziente, confrontandosi con lui, nel senso di mettersi di fronte, farsi vedere, senza sfidarlo o senza identificarsi con lui, diventando lui. Ciò significa farsi attraversare dall’imprevisto, dal nuovo, soffrendo nel lasciar trasparire, mettendosi nei panni dell’altro, esprimendo ciò che si prova, consapevoli di essere noi stessi e non il paziente. Nella psicoterapia e nel counseling, le parole magiche sono “amore, benevolenza e compassione”. La regola fondamentale è esprimere le emozioni.

Esprimere e agire le emozioni

  • Esprimere: significa far vedere qualcosa di sé, riconoscersi nella relazione, iniziare a parlare dicendo “Io mi sento.., Io provo..”. Avere paura di esporsi porta a dire dell’altro, invece che di sé: “Tu sei.., Tu mi fai..” invece di “Io sono.., Io sento..”
  • Agire: iniziare a parlare dicendo “Tu” è la nostra attitudine più facile, ha il sapore dell’invasione, dell’aggressione, è mettere fuori sottraendosi alla relazione, e, visto che esistiamo solo nella relazione, significa non esistere. Collocando tutto fuori esiste solo l’altro e l’effetto di svuotamento, quindi non so più chi sono, cosa voglio. E questo, spesso, succede anche nella relazione con se stessi.
In terapia e nella vita di tutti giorni, è importante, consapevoli di ciò che si sente, assumersi la responsabilità di dirlo “a” una persona e non di parlare “di” una persona; la paura delle conseguenze, le nostre fantasie catastrofiche di perdita d’amore, anche con le persone meno conosciute e importanti, è frutto del fraintendere l’esprimere con l’agire. In definitiva, visto che è proprio nella relazione Io-Tu che esistiamo, ho bisogno di conoscere e riconoscere l’altro come diverso da me. E conoscere l’altro, differente da me, mi fa conoscere parti di me, e perderlo mi fa perdere una parte di me, chi ero io in quella relazione. Esprimere significa quindi vivere in una relazione, esistere, rischiare di morire e rinascere, cambiare; agire significa fare da spettatore, giudicante, sprezzante; stare fuori, significa solitudine.

Autoregolazione organismica

Perls fonda il concetto di benessere sull’autoregolazione organismica di ogni individuo. Il lavoro in Gestalt, mirato al benessere delle persone in quanto esseri viventi, parte dall’attività sensoriale di ognuno, perché è proprio nell’interazione individuo/ ambiente che questa è costantemente stimolata. Solo con la consapevolezza di ciò che vive e del mondo in cui è "gettato", l’individuo può autoregolarsi. Dato che ogni essere umano è unico, anche il benessere lo è, proprio perché nelle piccole e grandi esperienze della vita ognuno risponde con il proprio vissuto; in questo senso, il modello gestaltico è interessato alla persona che esiste, alle sue emozioni nell’attraversare le esperienze della vita, all’unicità della sua relazione con il mondo; la promozione del benessere è data dalla creatività, dall’inventarsi qualcosa di nuovo, dalla capacità di creare sintesi al posto dei sintomi, attraverso quella tensione che porta ad una vita più interessante e meno stressante.

Qui e ora

La Psicoterapia della Gestalt è una terapia del qui-e-ora, in cui è posto l’accento sul presente come segmento espressivo della totalità dell’esperienza, come il luogo in cui si incrociano le tensioni verso il futuro e gli influssi del passato. Si tratta di una terapia esperienziale, attraverso la quale il paziente può apprendere come vivere con consapevolezza nel presente, imparando a rivolgere la sua attenzione a ciò che fa, sperimenta o sente nel presente, nel qui-e-ora, diventando gradualmente consapevole dei suoi gesti, della sua respirazione, delle sue emozioni, della sua voce, delle sue espressioni facciali o dei suoi pensieri pressanti. Nel qui e ora può esserci o meno un bisogno, oppure un pensiero o una sensazione, un’emozione principale: quella è la figura che emerge dallo sfondo. Nella Psicoterapia della Gestalt il funzionamento organismico è descritto come l’organizzazione della dinamica figura/sfondo. La formazione di figure di interesse ci spingono a cercare un loro completamento nell’ambiente attraverso il comportamento, il cui effetto porta al conseguimento dell’autoregolazione, quindi di un nuovo equilibrio del campo organismo/ambiente. Nell’ osservare il processo organismico di base si nota che all’emergere di un bisogno impellente, cioè di una figura di interesse che si stacca dallo sfondo, ad esempio la sete, corrisponde l’organizzazione di un comportamento (andare verso la bottiglia d’acqua), che porta al contatto con l’ambiente (bere), al fine di completare il bisogno emergente (essere dissetati). Una volta raggiunto il completamento e ristabilito un nuovo equilibrio omeostatico si osserva il ritirarsi della figura nello sfondo; in questo modo viene dato spazio alla successiva figura di interesse emergente.

Ciclo di contatto

Il "ciclo di contatto", chiamato, a seconda degli autori, ciclo di gratificazione dei bisogni, della autoregolazione organismica, esperienziali, della Gestalt, del contatto-ritiro, rappresenta un’esperienza che ogni individuo fa nella vita di tutti i giorni, nell’interazione con se stesso e con il mondo che lo circonda. È un processo che si scatena da un bisogno fino a che esso non diventa figura, si mobilitano energie, quindi azioni e, una volta esaurita la necessità, la figura torna sullo sfondo e l’organismo rimane in equilibrio fino ad un nuovo bisogno-figura. Il problema è che non sempre è possibile soddisfare un bisogno quando lo si avverte, quindi a volte è necessario rimandare la soddisfazione dei bisogni e interrompere alcuni cicli di esperienza per far sì che il ritmo e la forma di contatto si adattino alla circostanze del mondo e del nostro organismo. Se, però, il ciclo di contatto viene interrotto abitualmente e in maniera inconsapevole, si può parlare di interruzioni o evitamento del contatto, caratterizzati, da una parte, da rigidità che porta all’isolamento e, dall’altra, a permeabilità, che porta indifferenziazione e perdita di identità.

In Gestalt, "essere in contatto" significa avere un tipo di rapporto efficace, che abbia effetto, che trasformi; essere in contatto significa rendersi conto, nel qui e ora, di ciò che si sente, di cosa si sceglie di volere, di cosa si decide di fare e poi di cosa si sente dopo aver verificato cosa si è fatto (sentire – pensare – agire – sentire: io sento la fame, penso di mangiare una mela, quindi scelgo di mangiare una mela, mangio e sento la soddisfazione di aver mangiato). Il contatto consiste in un gioco/equilibrio continuo tra separazione ed unione dove può esistere la paura di essere ingoiati e perdersi nell’unione, anche con l’altra parte di noi stessi; in questo senso i confini dell’Io possono essere più o meno rigidi e possono esserci le seguenti interruzioni di contatto:

  • Introiezione: incorporare passivamente ciò che l’ambiente fornisce, quindi rinunciare alla libera scelta, al discriminare tra ciò che è dannoso e ciò che è salutare, al modificare l’esperienza perché sia più adeguata a ciò che si è.
  • Proiezione: disappropriarsi di aspetti di sé attribuendoli all’ambiente.
  • Retroflessione: rinuncia a qualsiasi tentativo di influenzare il proprio ambiente, diventando un’unità isolata e autosufficiente; può essere positiva, se protegge, ma diventa patologica quando blocca l’apertura al mondo.
  • Deflessione: mettere in atto una relazione "a casaccio" con il mondo esterno, distogliendosi dal contatto (ridere, parlare troppo, essere diplomatici, ecc).
  • Confluenza: ridurre le differenze, seguire la corrente, in modo da moderare l’esperienza del nuovo e dell’altro.

Un modello sano di funzionamento prevede un continuo, armonico e ritmato processo di apertura e chiusura verso l’ambiente, infatti, ogni volta che terminiamo un’azione siamo pronti per un’altra, costituendo così il continuum di consapevolezza e ciclo del contatto. Quando il ciclo non si svolge in modo completo e si ha una situazione incompiuta, un desiderio inespresso, un bisogno non soddisfatto, la gestalt, la forma, può rimanere inconclusa e costituire un elemento di pressione interiore molto sgradevole che può comportare la messa in atto di comportamenti nevrotici, a volte distruttivi. Una Gestalt inconclusa, infatti, pone continue interferenze al flusso di scambi tra l’individuo e l’ambiente, determinando una certa fissità e rigidità nel modo di muoversi nel mondo. Nel lavoro sulle Gestalt inconcluse occorre porre attenzione alle situazioni del passato che agiscono sul presente e alle parti mancanti, omesse, negate, trovando il modo di integrarle nella propria esistenza, per ripristinare quella mobilità che aiuti a migliorare la propria qualità di vita. Questo lavoro permette di risalire dal desiderio superficiale al bisogno negato, oppure da un vissuto "fissato" all’emozione autentica.

Il linguaggio digitale e analogico e la metafora

Nella nostra società esistono due linguaggi da integrare all’interno dell’approccio con l’altro: un linguaggio descrittivo, scientifico, logico, che usa descrizioni, ed un linguaggio analogico, che è il linguaggio evocativo, che lavora con le metafore, con la poesia e la narrazione. La metafora implica una sostituzione di un termine, di un concetto, con uno figurato, con un’immagine, creando una similitudine, infatti essa inizia con "come se". Usare una metafora è un’operazione intuitiva, creativa, non logica, tipica del linguaggio analogico; la metafora esprime un sentimento e in questo senso è evocativa di qualcosa da trasmettere. In terapia, la metafora ha un contenuto accettabile che maschera un qualcosa che potrebbe essere rifiutato perché troppo diretto. È importante, però, trovare il momento giusto e la metafora giusta, nel senso che sia adatta al paziente e lo aiuti a generare nuovi significati che conducano a nuove esperienze.

Il lavoro con le polarità attraverso l'uso della sedia calda.

Nella "sedia calda" si fa parlare la persona con una parte di sé o con un qualunque altro interlocutore, reale o fantasmatico, che rappresenta il sintomo, crea disagio, in modo da identificare due polarità, con le quali lavorare sulla relazione. Il terapeuta aiuta il paziente a stare dentro le sue emozioni, aiutandolo a sopportare dolore e paura, in modo da mostrargli nuove possibilità di comportarsi e di vivere nel mondo. Le due polarità sono poste in uno spazio abitabile dove c’è contatto, inteso come distanza da abitare, e dove, finalmente, sia possibile incontrarsi, vedersi, conoscersi, armonizzarsi. Far parlare le due parti, invitando il paziente a spostarsi da una sedia all’altra, fa sì che dal sintomo, situazione di collasso energetico tra due forze, si passi, attraverso la creatività, ad una sintesi delle due polarità, all’incontro con il diverso, con l’altra parte di sé. Ed è proprio qui, in questo spazio, che il paziente, aiutato dal terapeuta, può sperimentare il vuoto*, abitandoci, sperimentando come possa cambiare e trasformarsi, da sterile a fertile, migliorando la qualità della sua vita.

Libertà, stile personale e creatività

La Gestalt è una psicoterapia che si presenta come un’arte, quindi ogni terapeuta, all’interno di una cornice di teoria e tecnica, sviluppa un suo stile personale, una libertà di esprimersi e di essere creativo secondo il suo carattere, il suo modo di essere e muoversi nel mondo. In questo senso occorre che ogni terapeuta abbia chiari i propri limiti e difficoltà e le proprie risorse e potenzialità. Il terapeuta si esprime “in assenza di giudizio”, utilizzando metafore, fantasia, immaginazione, creando situazioni che aiutino il paziente ad esprimere ciò che prova alla persona o ad una parte di sé, ad esempio nel lavoro con le polarità, evitando di parlarne in maniera astratta. La postura fondamentale del terapeuta è quella dell’indifferenza creativa, cioè il seguire con interesse dove il paziente vuole andare.

L'indifferenza creativa

Quando si parla di indifferenza creativa si intende il momento in cui si segue con interesse dove il paziente vuole andare. Si tratta della capacità di fare attenzione, di osservare, di stare nel qui e ora, di sentirsi, in un continuum di consapevolezza, che ci permette di osservarci nella relazione con il paziente e chiedere anche a lui di comportarsi come se fosse una sorta di testimone di se stesso che osserva senza giudicare. Questo è il momento chiamato “punto zero dell’indifferenza creativa”, una condizione di pura e semplice consapevolezza, della piena accettazione di “ciò che è”, un momento di distacco dal proprio vissuto in cui non prendersi troppo sul serio, un punto di partenza per trovare un centro di equilibrio e integrazione che porti all’atto creativo, alla crescita, e, come direbbe Perls, all’eccitazione e all’avventura di vivere.

* Secondo Perls, “L’individuo capace di tollerare l’esperienza del vuoto fertile, sperimentando fino in fondo la propria confusione e che riesce a diventare consapevole di tutto quanto richiama la sua attenzione (allucinazioni, frasi interrotte, sentimenti vaghi, strani) avrà una grande sorpresa, all’improvviso apparirà una soluzione, un insight fin ad ora inesistente, un lampo di comprensione o percezione”.